Ho la fortuna di parlare abbastanza decentemente sia l’italiano (lingua madre) che l’iglese (acquisito).
Cerco di evitare di utilizzare gli inglesismi in italiano e viceversa, per gli ovvi motivi così ben esposti nell’articolo.
Io sono la lingua che parlo e la lingua che parlo mi rappresente sia nella mia dimensione ancestrale (da dove vengo) che in quella immanenete (dove sono) e anche in quella futura (dove sarò).
In effetti se non prprio l’unica cosa che mi definisce come un continuo è una delle poche e cerco per quanto possibile di non snaturarla anche se con l’avvento e l’uso continuo dei mezzi informatici ho notato un decadimento della mia stessa capacità linguistica (parlavo e scrivevo molto meglio trent’anni fa),
Ora, mi accorgo che se utilizzo dei termini equivalenti italani per parole che correntemente vengono utilizzate in inglese, vengo guardato come una specie di retrogrado e spesso non vengo capito e quindi sono costretto a tradurmi (solo nella parola specifica, che se traducessi l’intera frase i pù non capirebbero).
E’ sicuramente uno svilimento della nostra lingua (non ho aggiunto l’aggettivo “bella” perchè tutte le lingue sono belle nel loro contesto) e che la lingua sia svilita al punto da essere agonizzante lo si può verificare facendo leggere un testo italiano di un certo spessore ad un giovane: nella maggioranza dei casi non riuscità a comprenderne il significato, per un’altra percentuale pur avendone intuito (non compreso appieno) il significato non sarà in grado di spiegarlo con parole proprie e solo una netta minoranza dimostrerà di aver compreso pienamente il testo.
Se poi il testo è scritto in un italiano appena appena datato, non parlo dell’800 ma dei primi del 900, la situazione peggiora drasticamente.
Trovo l’infarcitura della nostra lingua con termini inglesi deprimente sopratutto se fa il paio, come fa, con l’impoverimento della lingua italiana; ormai non si conoscono più i significati di molte parole.
C’è di che piangere perchè è l’anima stessa di un popolo che viene rubata.
Non che mi piacesse l’espressione “figo!” o “fico!”, secondo la latitudine, ma mi piace ancor meno l’attuale “cool!”.
Su questo cool ho un piccolo aneddoto: mio zio un giorno di moltissimi anni fa, dopo un pranzo ci propose le giliege sotto spirito (alcol), e ci fece notare che alcol in inglese si scrive alcool e che la doppia o si legge u, per cui le ciliege dotto alco diventavano “ciliege sotto al cul”. Temo che l’ignoranza della propria lingua e anche dell’altra porti a fraintendimenti ancora peggiori.
Il buon vecchio preservativo adesso non si chiama più così ma è cool chiamarlo condom.
Un mio amico americano che abita in Italia è andato al supermercato a comperare del prosciutto cotto “senza preservativi” suscitando l’ilarità di commessi e avventori ma questo accadeva trent’anni fa, credo che se il fatto si verificasse oggi nessuno coglierebbe la comicità della situazione.
Non posso però non notare che la perdita della ricchezza linguistica va di pari passo con la perdita della coscienza storica e dei costumi morali.
Con gli inglesismi passa anche la corruzione anglofona del politicamente corretto e l’arte del non definire che è la strada che porta inevitabilmente al non giudicare, al non discriminare e all’accettazione di ogni abberrazione come normale e alla condanna di chiunque la pensi diversamente, la normalità diventa l’unica cosa esecrabile.
Non c’è neppure più spazio per l’arguzia o la “buona vecchia educazione” e l’ho provato sulla mia pelle in tre occasioni:
1) Dirante una serata con amici (americani) mi sono permesso di dire “I wonder what they are guy for” – risultato, gelo e progressivo ostracismo.
2) Un collega a me “Get me the notebook please”, – io “which one?” – lui “the black one” – io “Hey, don’t say that” you mean the Afro-America one, right?” Lui (che era ed è negro, era ed è una persona intelligente, era ed è mio amico) scoppiò a ridere e commentò con un “Good one!” – purtroppo qualche altro collega (bianco) pensò di riferire la cosa al capo che mi convocò e mi fece una lavata di testa con minacce di lettera di reprimenda.
3) Un complimento fatto ad una collega per la sua eleganza nel vestire è stato interpretato come “sexual harassment”. Altra lavata di capo.
L’infiltrazione del linguaggio anglicizzante porta anche all’nfiltrazione della sub-cultura in questione, è un’illusione pensare di acquistare la scatola senza il contenuto.
Per questo motivo ritengo che se la percezione della massa è quella di diventare più “moderni” e al passo con i tempi, da parte di chi propugna questo lessico ci sia un disegno ben preciso per il quale il linguaggio massificato ed indistinto ha come obbiettivo la massificazione del mondo e la creazione dell’uomo consumatore tanto caro al mercato e a certe visioni distorte.
La difesa della lingua è la difesa di noi stessi.